La sentenza Cucchi – ancora una volta si è superato il limite

La sentenza dello scorso 31 Ottobre sul caso Cucchi ha lasciato molte persone stupite, perché ha assolto tutti gli indiziati, medici, infermieri e agenti della polizia penitenziaria, per assenza di prove, andando ad escludere anche l’omicidio colposo di cui erano stati accusati i medici con la sentenza di primo grado nel 2013.

Di fronte ad un giudizio del genere l’interrogativo su chi sia la responsabilità del decesso di un ragazzo di 31 anni, morto in mano allo Stato, sorge forte e spontaneo. Per non essere partigiani, occorre specificare che  non stiamo parlando di un cittadino esemplare, semmai qualcuno può essere considerato tale, ma di una persona il cui arresto è più che legittimo. Per fortuna, però, siamo in Italia, la patria di Beccaria, e la pena di morte non esiste da un bel po’, neanche per reati ben più gravi. Eppure, a vedere le foto dell’autopsia di Stefano Cucchi viene molto difficile pensare ad una morte per cause naturali.

La vicenda si è sviluppata nell’arco di sei giorni in cui il giovane arriva a perdere circa venti chilogrammi di peso, fino ad essere ricoverato nella sezione detentiva dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. Le foto dopo l’autopsia mostrano un corpo scheletrico con segni di tumefazione diffusi ed evidenti e con varie ferite più serie, compresa la frattura di una vertebra. Appare, francamente, irreale che tali traumi siano stati auto inflitti o causati dalla vita dissoluta che il giovane conduceva prima dell’arresto. I segni sul corpo lasciano pensare più a percosse che non ad altro. Ed, infatti, il pestaggio è stato riconosciuto in entrambe le sentenze, sia in Corte d’Assise che in Corte d’Appello. Per questo motivo, le parole pronunciate dal segretario del SAP (Sindacato Autonomo di Polizia), pochi minuti dopo la sentenza di secondo grado, in cui si invoca un cambio di mentalità per un Paese in cui le colpe di chi disprezza la propria salute abusando di alcol o droghe vengano addossate a persone innocenti, di solito poliziotti e medici, risultano assolutamente inopportune e senza senso, anche perché arrivano dopo una sentenza favorevole in un caso quanto meno controverso, e vanno a colpire una famiglia, che ha un’idea ben precisa su chi sono i responsabili del dolore sofferto. In una realtà normale persone addestrate a ben altre pressioni dovrebbero saper gestire le proprie emozioni. Abbiamo visto molte volte poliziotti, carabinieri e soldati comportarsi egregiamente in situazioni di assoluta pressione, in cui la vita di persone innocenti dipendeva dal loro comportamento. Vedere dei poliziotti fare il dito medio in un’aula di tribunale dopo essere stati assolti, come accadde dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, o ascoltare le parole del segretario SAP è una cosa che non dovrebbe accadere. Questi comportamenti rappresentano un tentativo di affermare in maniera violenta e indiscutibile la propria ragione.  Ma l’organo preposto a tale scopo è il tribunale e non ha senso continuare ad alimentare con gesti e parole poco appropriati una contrapposizione tra Stato e forze dell’ordine da una parte e cittadini dall’altra. Tali atteggiamenti sarebbero sbagliati anche in un bar o in un salotto televisivo, figuriamoci in un Tribunale da parte di poliziotti.

Chi attacca in questo modo in realtà lo fa per difendersi. Difendersi in prima istanza da una famiglia, la famiglia Cucchi, che nonostante tutti gli sforzi e le evidenze, non è riuscita a dare un nome ufficiale ai responsabili della morte di Stefano. Ma da queste accuse ci si difende durante il processo. Forse, a questo punto, un tale comportamento fa capire senza il bisogno di tante parole che ci si difende dalle proprie responsabilità, però, bisognerebbe capire che non basta un comunicato propagandistico o un dito medio per scappare da esse, non basta continuare a proclamare l’innocenza di tutti e incolpare la droga, quando tutto il mondo ha visto le foto di un cadavere ridotto pelle e ossa con i segni evidenti di pesanti pestaggi. La sensazione è che si sia superato il limite. Ancora una volta.

La sentenza Cucchi – ancora una volta si è superato il limiteultima modifica: 2015-05-30T20:05:35+02:00da pro276
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