Dal diario di un aspirante rugbista – parte terza

Ph. Massimiliano Carnabuci

Ph. Massimiliano Carnabuci

Caro diario,

ci ritroviamo per il terzo anno di fila. Con un mese di ritardo rispetto al previsto, a dire il vero, ma è stato un anno particolare. Tornando a noi, caro diario, quest’anno finalmente posso capire cosa sentivano i miei compagni gli scorsi anni quando a maggio erano contenti che stesse finendo la stagione. Posso capire cosa significa provare la necessità di staccare perché te lo chiede il corpo, con tutti quei dolori alle spalle, alle ginocchia, al collo, e in altre parti del corpo varie ed eventuali. E posso capirlo perché, finalmente, quest’ anno ho giocato, e ho giocato tanto.

A settembre ci siamo ritrovati tutti a Le Mose. Si torna a fare il campionato di Serie C2, sta volta è il girone Emiliano, non quello Lombardo come a Gosso, e al timone della truppa Giuba e il Clacca. Le facce sono bene o male sempre le stesse degli ultimi tre anni: Thunder, Sasha, Randy, il Noso, il Biondo, Sako, Barack, Bosi (chi cazzo è Bosi?), Ricky, Klajdo, Beauty, il Piemo e anche il Mago che ancora rimpiange la casa in montagna. Si è aggiunto qualcuno a stagione in corso, come Gabba Gabba, Efrem e Antonino, qualcuno dalla 18 (fegati di belle speranze) e qualcuno dalla prima, come Teddy, Pais e Barzan, Muzzin a volte il Tosco, e il Traba perché già non ci vedevamo abbastanza. Qualcuno l’avrò dimenticato ma vado a memoria.

Ma passando al campo, la stagione inizia con una partita dal sapore particolare, Piacenza – Noceto. In altri anni e in altre categorie sarebbe stata una partita di rilievo assoluto, ma anche la sfida tra seconde squadre non è per niente male. Siamo carichi, dopo un precampionato a mezzo servizio per un gomito disfatto alla prima amichevole, riesco ad allenarmi al meglio durante la settimana. Al venerdì sono tra i primi 15, ma non è una novità: tante volte ho provato come titolare in assenza di chi avrebbe giocato la domenica: aspetto la formazione sul gruppo, ma Giuba non mette numeri, solo i convocati in ordine alfabetico. Faccio due conti, potrei esserci nei primi 15, ma mi sforzo di non illudermi. Arriva la domenica, mi presento al campo, cerco di capire se sono dentro o fuori senza dare troppo nell’occhio ma nulla, mi tocca aspettare la consegna delle maglie. Sta volta c’è solo una cifra dietro la mia e, come scriverò su Snapchat dopo la partita, il 19 (come Cheva) con cui giocavo spesso lo scorso anno è bello, ma il 5 di più. Niente, la partita la vinciamo, a parte un’impanciata clamorosa del loro pilone destro e la famosa pizzetta, non va neanche troppo male: mischia forte e tendenza a sprecare un sacco di azioni. Sembriamo quasi l’Italia di qualche anno fa. Seconda di campionato contro il Bologna 1928, con partenza all’alba. Primi 50 minuti pazzeschi con uno 0-43 da paura, poi smettiamo di giocare e ne prendiamo 17, ma alla fine sono altri 5 punti. Alla terza arriva il Ravenna. Proviamo a perderla in tutti i modi, ma alla fine la portiamo a casa in qualche modo e si va a 14. Si inizia a pensare sinceramente alla vittoria del campionato come obbiettivo concreto. Poi tre partite assurde: sconfitta pesante, esagerata e stupida in casa di Guastalla, vittoria con bonus contro Romagna con la solita fragilità difensiva e i soliti sprechi, sconfitta di misura sotto al diluvio di San Marino, contro Rimini. Arriva la pausa per i test match, abbiamo diverse recriminazioni, soprattutto nei nostri confronti, ma si può fare. Abbiamo una mischia dominante e le altre cose possiamo sistemarle. L’11 dicembre ci presentiamo a Bologna, in casa del Reno, in 16 davvero in grado di giocare, io ho la febbre, abbiamo Giuba terza linea e la coperta molto più che corta. Giochiamo, tutto sommato benino, ma ci troviamo sotto a pochi minuti dalla fine per 12-8. Mi arriva la palla, scarico a Sako e mi prendo il placcaggio, riesco anche a fare la ruck successiva e mentre provo a rimettermi in piedi, maledicendo il mio scarso atletismo, guardo per capire dove sia la palla, vedo il Traba che la porta in mezzo ai pali, aspetta gli avversari e la schiaccia. Il Mago trasforma con calma. Una rimonta davvero entusiasmante. Settimana dopo, arriva il nostro “Natale in carcere”. Ci presentiamo, se possibile, anche peggio della settimana prima, tra infortuni, malattie e regole burocratiche. La partita si mette subito male e non la riacciuffiamo più. Una sconfitta che non ci doveva stare e che, con l’atteggiamento giusto, nonostante tutto, non ci sarebbe stata. Ultimo impegno del girone d’andata, nel 2017, in casa con il Carpi. Per la prima volta in stagione, dopo 8 partite da titolare, sono fuori perché non posso giocare. La partita va bene, segue il copione di inizio campionato. Noi siamo più forti, soprattutto in mischia, ma ci teniamo a far fare bella figura a tutti. Alla fine del girone d’andata siamo lì, attaccati alla testa della classifica, ma ad inseguire. La situazione è troppo complicata per capire quali siano le nostre reali possibilità. Insieme a noi ci sono Ravenna e Guastalla, tra le più accreditate, poi Rimini e Noceto. Gli scontri diretti saranno fondamentali, perché le altre 5 squadre difficilmente toglieranno punti a chi è davanti.

Il primo scontro diretto arriva contro il Noceto, a Noceto, non proprio una passeggiata. Plucani va subito in meta ma il primo tempo si chiude sul 15-8 per i padroni casa. Dopo 8 minuti nel secondo tempo arriva un’altra delle mie poche azioni degne di nota in questo campionato. Il 9 avversario finta il calcio all’interno, calcia all’esterno ma gliela stoppo. Raccolgo la palla e provo a correre verso la meta. Vedo la linea, ma sono troppo lento per raggiungerla. Sento la maglia tirare e poi le braccia di uno dietro di me spingermi verso fuori. Giro la testa vedo una maglia bianca e gli passo la palla, prima di cadere al di là della linea di touche. 5 secondi di buio. Sono caduto pesantemente e il contraccolpo sul collo è stato peggio del previsto. Poi qualcuno è venuto ad abbracciarmi perché la maglia bianca era di Beauty che ha fatto meta. Andiamo di nuovo sotto, ma a tempo scaduto arriva la meta di uno dei 3 Viani boyz. Noceto è biancorossa. Contro il Bologna 1928 arrivano altri 40 punti, ma sta volta ne subiamo 33, giusto per far divertire anche gli spettatori. Il secondo scontro diretto è il 5 marzo, in casa del Ravenna. Perdiamo una partita assurda, loro non vincono una mischia, né nostra né loro, secondo le nostre previsioni. A differenza delle nostre previsioni, però, non arrivano mai i calci di punizione con cui contavamo di risalire il campo. Perdiamo una partita assurda tra errori dell’arbitro e incapacità di adattarci. Adesso vincere il campionato sembra quasi impossibile. Ma alla giornata successiva c’è il vero big match contro Guastalla. Ci sono troppe cose in ballo perché sia una partita normale: il campionato, la brutta sconfitta dell’andata, quella amara e fresca di Ravenna. La partita è la più bella dell’anno. 3 mete in mezzora, primo tempo chiuso sul 27-5. Nel secondo tempo arrivano altre 3 mete e di fatto la partita finisce al 56’, sul risultato di 46-10. Peccato, perché saremmo potuti essere arbitri del nostro destino e, invece, ci tocca sperare in combinazioni impossibili, o quasi. La partita successiva, contro Romagna, ha un sapore strano, ha il sapore dell’addio: ad aprile parto per Monaco, poi finirà l’Università. Potrebbe essere un addio definitivo. La partita inizia male, sbagliamo di tutto e di più. Andiamo sotto di due mete, proviamo a rispondere ma sprechiamo tanto. Mi arriva la palla da Muzzin, ho due avversari davanti a me. Devo solo fare quanta più strada possibile prima di andare a terra, senza perdere il pallone. Vado avanti, non mi fermano, la linea di meta è vicina, schiaccio la palla oltre la linea, due volte per sicurezza. Evidentemente, posso segnare solo all’ultima, come lo scorso anno. Ma questa meta conta davvero. Mi viene da piangere. Il primo tempo finisce 19-10. Nel secondo entra il Mago. La partita finisce 19-39. La gioco tutta, ma dopo l’ultima meta, a pochi minuti dalla fine, mi rendo conto che è finita davvero. Mi viene da piangere, di nuovo. Finisce la partita. Il Traba, Thunder e Giuba mi tengono sul campo, sta volta piango, il giusto. Negli spogliatoi tutti hanno la mia maschera, uno spettacolo raccapricciante. C’è anche il vino Brondera. L’abbiamo fatto per bene quest’ultimo giro. Mentre sono a Monaco, i miei compagni mettono in riga il Rimini (30-10), il Reno Bologna (62-5) e il Giallo Dozza (17-33). Intanto mi alleno qui a Monaco e gioco pure il secondo tempo di una partita. Livello così così, ma è pur sempre rugby. Scrivo a Giuba e chiedo se c’è un posto nei 22 per Carpi. Non voglio perdermela l’ultima, anche a costo di andare in after a lavoro il lunedì. E così mi presento a Le Mose il 7 Marzo. Sta volta sono in panca, ovviamente, e va bene così, se non fosse che viene giù un diluvio della madonna e non c’è una tettoia sotto cui coprirsi. Intorno al 30’ si fa male Randy ed entro. La partita è sporca, ma sporca davvero. I palloni non stanno in mano, ma la portiamo a casa. Il campionato è finito: siamo a pari punti con il Ravenna, ma siamo davanti per miglior differenza punti. Sotto di noi, a -1, il Guastalla che ha perso proprio contro il Ravenna, ma ha una partita ancora da giocare, in casa del Rimini. Non è facile, ci speriamo. Bevo un paio di birre e riparto per Monaco. La domenica successiva, Guastalla batte Rimini e vince il campionato. È stato bello crederci, è stato brutto perderlo così. Bastava non perdere in carcere, bastava non perdere contro Ravenna pur vincendo tutte le mischie, bastava non perdere per quel calcio con vento a favore sotto al diluvio di San Marino. Bastava, ma non è bastato. È lo sport. Non ha neanche senso parlarne più di tanto ormai, c’è solo da imparare e non farlo di nuovo.

Intanto a Monaco restano da fare 3 partite. Anche qui c’erano ambizioni di vittoria di campionato, che, però, sono sfumate abbastanza presto. La prima la gioco dall’inizio e gioco anche abbastanza bene, ma perdiamo. In 50 minuti riesco anche a rimediare due vesciche giganti. La seconda partita è in casa. Parto dalla panca ed entro intorno al 50’, facciamo una sola meta, ma il nostro kicker irlandese decide che oggi è il giorno di piazzarla ogni volta, anche da centrocampo. Caliamo alla fine ma vinciamo con margine. Purtroppo al mercoledì ci comunicano che la squadra avversaria non ha i numeri per la trasferta e questa appendice di rugby si chiude anzitempo, ma almeno con una vittoria e qualche nuovo amico.

Caro diario, si è chiuso anche questo anno, il terzo. Per la prima volta ho potuto condividere a pieno con i miei amici e compagni tutti gli aspetti e tutti i momenti: l’ingresso in campo con la palla in mano, la responsabilità di essere in campo quando la partita è ancora da decidere, la necessità di esserci sempre, anche con 38 di febbre, magari cambiando anche ruolo, gli acciacchi del lunedì e del martedì, i complimenti veri e i cazziatoni per gli errori, come per tutti gli altri, le gioie delle vittorie e la rabbia delle sconfitte, ma vissute da protagonista, non da “tifoso speciale” come gli anni scorsi. È stato un anno bellissimo, molto formativo, ci sono stati alti e bassi, abbiamo buttato al vento il campionato con partite non all’altezza. Ma se fossimo sempre all’altezza non saremmo in serie C2, probabilmente. Però, siamo stati un gruppo quando c’era da prendere gli schiaffi, quando c’era da soffrire, quando c’era da gioire ma, soprattutto alla fine, siamo stati un gruppo quando c’era da combattere per il campionato e per la dignità di una squadra senza mezzi, con i giocatori contati, che non doveva esistere, eppure è esistita e ha dimostrato a tutti gli avversari cosa significa incontrare il Piacenza Rugby: subire in mischia, sempre e comunque, e scordarsi le gite di piacere quando si entra al Beltrametti.

Caro diario, per quest’anno ci salutiamo. È stato bello ma è anche ora di staccare un po’. Non so dove mi condurrà la vita dopo la laurea, ma mi auguro di poterti dare un appuntamento sincero al prossimo anno.

Giuseppe.

Dal diario di un aspirante rugbista – parte terzaultima modifica: 2017-06-05T20:45:22+02:00da pro276
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